Se il Paradiso esiste è giusto che sia popolato di animali. Ve lo immaginate un Eden senza il canto degli uccelli, il garrire delle rondini, il belare delle caprette e l’apparire del buffo e curioso musetto di un coniglio? Di sicuro nel mio Paradiso ideale non possono non echeggiare miagolii da ogni angolo. Il festoso abbaiare di cani che giocano finalmente sereni.
Giorgio Celli
E’ un argomento difficile ma inevitabile, prima o poi dobbiamo farci conti, e questo vale nei confronti di noi stessi e, forse ancora di più, nei confronti di chi amiamo.
La morte fa parte della vita, anche di quella dei nostri animali da compagnia.
Chi ha amato un cane, un gatto, un qualsiasi animale con cui ha condiviso la vita, sa bene cosa significa perderlo. La cronaca ci conferma ogni giorno che sempre di più sono a tutti gli effetti membri della famiglia. E’ di questi giorni la notizia che, grazie anche all’intervento della LAV per il supporto giuridico, una dipendente dell’Università la Sapienza di Roma ha avuto riconosciuti due giorni di permesso di lavoro retribuito per curare il suo cane che doveva subire un intervento chirurgico.
Dunque, quando si perde un proprio caro, la maggior parte delle persone sente il bisogno di mantenere un contatto “concreto”, di avere un luogo dove poter piangere e ricordare. Per questo stanno nascendo cimiteri per animali in molte città italiane – molti Comuni mettono a disposizione appositi terreni in comodato – e addirittura agenzie di servizi funebri specializzate.
Cosa dice la legge
Quando muore un cane, il proprietario è tenuto a chiamare un veterinario che ne attesti il decesso e a comunicarlo alla Usl entro 3/15 giorni (a seconda della Asl competente) per cancellarlo dall’anagrafe canina.
Per i gatti non è necessario alcun certificato.
E’ consentito al proprietario il sotterramento di animali da compagnia in terreni di proprietà ai sensi del Regolamento CEE n.1069/2009, ma solo qualora sia stato escluso qualsiasi pericolo di malattie infettive ed infestive trasmissibili agli umani ed agli animali, con autorizzazione del Servizio Veterinario della ASL.
L’animale può essere inviato all’incenerimento, negli appositi impianti autorizzati. Per avere indietro le ceneri è necessario portarlo in un centro di cremazione singola, e i costi sono piuttosto alti. Altrimenti è possibile ricorrere ad un cimitero per animali autorizzato.
Il cimitero per animali più antico d’Italia
Si trova a Roma, in zona Portuense, ed ospita un migliaio di animali da compagnia, tra cani, gatti, conigli, criceti, varie specie di uccelli, alcuni cavalli e perfino una leonessa.
Istituito nel 1923, Casa Rosa è considerato il cimitero per animali più antico d’Italia e, soprattutto, ha una storia singolare.
Luigi Molon, padre dell’attuale proprietario, era il veterinario di Benito Mussolini e fu proprio questi a chiedergli di seppellire nel suo terreno – dove Molon aveva già seppellito il suo amato cavallo – la gallina che era stata buon
a compagna di giochi dei suoi figli, in modo che potessero andare a trovarla.
L’idea piacque tanto che iniziarono le richieste da parte di molte personalità, tra nobili, politici, attori: tra i primi i Savoia, per i loro cani, e i Torlonia, e poi, nel tempo, arrivarono il barbone di Sandro Pertini, i gatti della moglie di Giovanni Leone, e quelli di Anna Magnani. E ancora, il cane di Peppino de Filippo e l’adorato barboncino di Brigitte Bardot. Molti gli animali di proprietari famosi ma ancora di più quelli di gente comune che ha voluto un luogo dove poter piangere i suoi piccoli cari. Del resto, assicura il proprietario di Casa Rosa, “come negli altri cimiteri funziona la livella di Totò”.
la notizia: Scoperto un cimitero di gatti dell’antico Egitto
La notizia è di questi giorni: a Berenice, in una cittadina dell’Egitto affacciata sul Mar Rosso, è stato scoperto un cimitero di gatti. Risalente agli anni 75-150 dopo Cristo è senz’altro uno dei più antichi cimiteri per animali. Ma non è certo il primo, si sa che nell’antico Egitto la maggior parte degli animali erano sacri. La particolarità di questo, con circa un centinaio di animali, è che non sono state trovate mummie ma scheletri, e quindi vere e proprie tombe. Questo a significare che non doveva trattarsi di animali legati a rituali sacri ma di semplici animali domestici.
Oltre alle tombe dei gatti, sono state rinvenute anche tombe di cani e di una scimmia e proprio questa, insieme ad alcuni gatti, indossava qualcosa di simile ad un collare di ferro e altri che avevano vicino al collo una perla, un guscio di uovo di struzzo, come piccole attenzioni a testimonianza di affetto.
La ricercatrice Marta Osypynska, dell’Accademia Polacca delle Scienze, a capo del team di ricerca che ha prodotto lo studio appena pubblicato (“Pet cats at the Early Roman Red Sea port of Berenike, Egypt”), ha evidenziato che la scoperta offre un nuovo approccio alla considerazione degli animali domestici: «Sebbene Berenike fosse un porto militare, non si trovava vicino a una città maggiore e la vita su questa frontiera era probabilmente dura. La presenza di animali domestici può benissimo aver alleviato lo stress degli abitanti e aver reso più interessante la loro vita, proprio come per noi oggi.».
Gli animali in Egitto
Della considerazione in cui gli antichi Egizi tenevano gli animali rimane un dettagliato resoconto redatto dal grande storiografo greco Erodoto, che visse tra il 484 e il 426 a.C circa. Dalle sue “Storie”:
L’Egitto, essendo confinante con la Libia, non è molto ricco di animali: e quelli che ci sono sono tutti considerati sacri da loro, ed alcuni di essi vivono con l’uomo, altri no.
[…] Qualora qualcuno uccida uno di questi animali, se lo ha fatto volontariamente, la pena è la morte, se invece involontariamente, paga la multa che i sacerdoti stabiliscono. Ma chi uccide un ibis o uno sparviero, o che lo faccia volontariamente, o che lo faccia involontariamente, deve morire.
[…] Se poi scoppia un incendio, fenomeni divini prendono i gatti. Infatti gli Egizi, dopo essersi posti a distanza l’uno dall’altro, fanno la guardia ai gatti, senza curarsi di spegnere l’incendio; ma i gatti, intrufolandosi fra di loro e saltando al di là degli uomini, si buttano nel fuoco. Quando accade questo fenomeno, grande dolore prende gli Egizi.
Inoltre, in tutte le case in cui un gatto muore di morte naturale, tutti gli abitanti si radono solo le sopracciglia; quelli presso i quali invece muore un cane, si radono tutto il corpo e la testa.
I gatti morti vengono trasportati in tombe sacre, dove sono seppelliti, dopo essere stati imbalsamati, nella città di Bubastis.
I cani, invece, li seppelliscono ciascuno nella propria città, in urne sacre. Come i cani, così vengono seppelliti gli icnèumoni [forse manguste, ndr].
I toporagni e gli sparvieri li trasportano nella città di Buti, gli ibis ad Ermòpoli.
Gli orsi, che sono pochi, ed i lupi, che sono non molto più grossi di volpi, li seppelliscono là dove li hanno trovati morti.