
Anna, Cucciola e Gianluca Felicetti | Foto archivio LAV
Una notizia che ha molto colpito ed è arrivata anche oltre i nostri confini. Per una volta, in Italia, siamo avanti in tema di diritti degli animali e di chi con loro condivide la vita.
Il caso riguarda una dipendente pubblica che vive a Roma e si è trovata a dover accudire il suo cane malato per un intervento chirurgico urgente e per questo, non avendo alternative, ha chiesto al proprio datore di lavoro un permesso retribuito di due giorni. L’Università la Sapienza, dove la donna lavora. ha inizialmente negato il permesso, o meglio, le ha chiesto di motivare meglio la richiesta per la quale non c’erano precedenti. E lei si è rivolta alla LAV per un supporto tecnico-giuridico.
Grazie quindi all’intervento dell’Associazione, la richiesta è stata ben motivata per un «un grave motivo famigliare e personale» e supportata anche da una certificazione sulle condizioni del cane da parte del veterinario che lo aveva in cura, ed è così riuscita ad ottenere quanto le spettava per legge.
La non cura di un animale di proprietà – si legge nel comunicato LAV – integra, infatti, secondo la Giurisprudenza, il reato di maltrattamento degli animali previsto dal Codice penale. Non solo ma vige il reato di abbandono di animale, come previsto dalla prima parte dell’articolo 727 del Codice penale.
“Ora, con le dovute certificazioni medico-veterinarie, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente – ha dichiarato Gianluca Felicetti, presidente LAV – un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia, è un altro passo avanti verso un’organica riforma del Codice Civile che speriamo il prossimo Governo e il prossimo Parlamento avranno il coraggio di fare, approvando la nostra proposta di Legge ferma dal 2008”.
Cucciola, questo il nome del cane, è stata ben accudita e sta meglio, e vive felicemente insieme a Duke, un beagle di 17 anni, e alla loro compagna umana Anna che in un’intervista alla Stampa ha sottolineato: «Sì, la mia famiglia». E ancora, «Io sono single e vivo con loro, me ne occupo e li curo e credo che ci dovrebbe essere un maggior sostegno per chi ha animali, iniziando per esempio a creare una sanità pubblica veterinaria. I costi per curare i nostri piccoli amici sono altissimi e non tutti ce la fanno a sostenerli».